Accademia Kremmerziana Napoletana

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MARSILII  FICINI  MONITUM

sive  De religione Sententiae  (a cura della redazione)

 

Osservando la storia ed ancor più il mondo circostante, ci  si rende conto che la religione è indispensabile: gli uomini difatti, non essendo uguali ed avendo ognuno raggiunto un proprio livello di coscienza,  spesso non hanno il coraggio di abbandonare le illusioni che sin dai primi anni dalla nascita sono elargite dalle istituzioni politiche e religiose e di servirsi della propria intelligenza per intraprendere la Via dell’evoluzione spirituale. L’umanità è certamente progredita nel corso dei secoli, ma tutt’oggi la religione fornisce la dolce consolazione al timore che scaturisce dal non saper comprendere molti fenomeni o accadimenti o per la paura, per antonomasia, della morte. Lo stesso Kremmerz ne parla, definendo la morte “spauracchio dei vivi”, un fantasma che però tormenta tutti tranne pochi che hanno la fortuna d’essere iniziati ai Veri. E, come affermava già centinaia di anni or sono il sapiente Eraclito, i “dormienti” sono sempre di più rispetto agli “svegli” che sono pochissimi. Ne consegue che per mantenere l’ordine in una società popolata in maggioranza da gente incapace di autogovernarsi, la religione diventa indispensabile oltre che necessaria.
Il problema sorge nello stabilire i criteri di scelta di coloro che devono “amministrare” questa guida spirituale. E’ chiaro in base a ciò che abbiamo detto, che coloro che sono incaricati di occuparsi del sacerdozio e quindi della religione, non possono essere persone “ordinarie”. Per tentare di dare una risposta, riteniamo utile rileggere uno scritto di Marsilio Ficino, il “De christiana religione”. Sacerdote, medico e mago rinascimentale, egli tentò di dare una soluzione ai continui dissidi e alle guerre che imperversavano nel suo tempo a causa delle religioni. Nel prologo della sua opera individua con estrema chiarezza la causa della degenerazione della società dell’epoca e soprattutto delle religioni. Oggi non è molto dissimile da ieri.

 

  L’eterna sapienza di Dio stabilì che i divini misteri, almeno negli stessi esordi della religione, fossero trattati proprio da coloro che erano veri amatori della vera sapienza. Per cui avvenne che i medesimi, tra gli antichi, indagassero le cause ultime e amministrassero con diligenza i sacrifici della stessa causa somma delle cose, e che i medesimi presso tutte le genti fungessero da filosofi e sacerdoti. Né ciò senza ragione. Infatti, poiché l’anima (come dice il nostro Platone) può ritornare al padre e alla patria celesti con due ali, ossia con l’intelletto e la volontà, e il filosofo si avvale massimamente dell’intelletto, il sacerdote della volontà, e l’intelletto illumina la volontà, la volontà accende l’intelletto, ne discende che quelli che per primi scoprirono le realtà divine per mezzo dell’intelligenza, o da sé soli, o le attinsero per ispirazione divina, per primi venerarono con grande rettitudine le realtà divine tramite la volontà, e trasmisero agli altri il culto a loro dovuto e i modi del culto.
Quindi i profeti degli ebrei e, insieme, gli esseni erano dediti alla sapienza e al sacerdozio. I filosofi furono chiamati magi, cioè sacerdoti, dai persiani, poiché presiedevano alle cerimonie sacre. Gli indiani consultavano i bramani intorno alla natura e all’espiazione delle anime. Presso gli egizi, i matematici e i metafisici si occupavano del sacerdozio e del regno. Presso gli etiopi, i gimnosofisti erano maestri di filosofia e dignitari religiosi. La medesima consuetudine vi fu in Grecia sotto Lino, Orfeo, Museo, Eumolpo, Melampo, Trofimo, Aglaofemo e Pitagora. La medesima in Gallia sotto il governo dei druidi. Chi ignora quanto amore della sapienza e dei riti sacri, presso i romani, avessero Numa Pompilio, Valerio Sorano, Marco Varrone e molti altri? Chi non sa quanto grande e vera dottrina vi fosse negli antichi vescovi e presbiteri cristiani? O secoli felici, che conservaste integra questa unione divina della sapienza e della religione, soprattutto presso gli ebrei e i cristiani. O secoli fin troppo infelici, allorché accadde il divorzio miserabile di Pallade e di Temide. O vergogna, così ciò che è santo fu dato da lacerare ai cani.
In parte notevole la dottrina fu trasferita ai profani, donde si rivelò principalmente strumento di iniquità e di lascivia, e si deve chiamare malizia piuttosto che scienza. Perle preziosissime della religione spesso sono maneggiate dagli ignoranti e sono calpestate da costoro come da maiali. Spesso il culto inetto degli ignoranti e degli ignavi sembra doversi definire superstizione piuttosto che religione. Così né quelli comprendono sinceramente la verità, che essendo divina riluce ai soli occhi dei pii, né questi, per quanto è in loro, venerano rettamente Dio stesso, se si tenga conto di come governano le cose sacre, ignari del tutto delle realtà divine e umane. Per quanto tempo sosterremo questa dura e miserabile sorte del secolo ferreo? O concittadini della patria celeste, e abitanti della terra, liberiamo –vi prego- al più presto la filosofia, sacro dono di Dio, dall’empietà, se possiamo, ma possiamo se vogliamo, redimiamo la santa religione, in base alle nostre forze, dall’esecrabile ignoranza. Esorto perciò tutti i filosofi, e li prego, affinché s’impadroniscano fino in fondo della religione, o almeno la delibino; i sacerdoti poi, affinché si dedichino diligentemente agli studi della genuina sapienza.”

 

Ficino, profondo conoscitore e praticante delle scienze ermetiche, che tradusse in prima persona il Corpus Hermeticum, non poteva non aver compreso che la causa del decadimento sociale e religioso erano i sacerdoti stessi. Portando l’esempio di tutte le antiche civiltà, dai persiani ai celti, evidenzia come la separazione tra sapienza e giustizia, tra filosofia e religione abbia dato frutti disastrosi. Nell’antichità infatti coloro che si occupavano di filosofia e speculavano intorno alle verità del mondo erano gli stessi detentori del potere sacerdotale. Le religioni avevano una veste esterna per i profani, per coloro che non avevano i mezzi per indagare sé stessi e l’universo, e una veste interna, occulta, per quelli che si dimostravano di essere degni di divenire sacerdoti e avere accesso alle conoscenze che permettevano loro di elevarsi verso la Verità. Ed è grazie a queste tecniche, a queste dottrine, a queste scienze che gli antichi sacerdoti riuscivano a mantenere l’ordine senza doversi imporre con la tirannide e la violenza. Lo studio e la pratica dell’antica sapienza li rendeva in grado di conoscere cos’era giusto per sé stessi e per la società intera, tant’è che le antiche civiltà come gli egizi, i persiani o i greci prosperarono in ogni campo. Il fine dell’uomo era la conoscenza, un problema esistenziale, non l’accumulare potere e denaro indiscriminatamente che è divenuto il credo delle società odierne.
Stando allo scritto di Ficino e di molti altri sapienti, è stato proprio nei primi secoli di vita della Chiesa Cattolica con il prosperare delle istanze socio-economiche che si ebbe la sensazione di una netta separazione tra cultura politica e cultura religiosa. La decadenza dell’Impero Romano e l’affermazione del cattolicesimo permisero in Occidente la unificazione del potere temporale e religioso della Chiesa, mantenuta nei secoli successivi fino all’era moderna in cui è avvenuta la separazione.
La religione cristiana non ha saputo mantenere il primato della speculazione filosofica evitando che cadesse  in mano dei secolari e che il sacerdozio finisse per essere gestito da ignoranti e da profani. Ciò fece sì che la prima si trasformasse in pura speculazione del pensiero cioè di concetti astratti e teorici, senza  il minimo riscontro pratico e la seconda si trasformasse  in un perverso utilitarismo e  meccanismo politico di asservimento di tutto ciò che è  contrario o diverso. Basti pensare all’orrore delle migliaia di delitti di cui si macchiò l’Inquisizione dalla Controriforma in poi. Se colui che detiene il potere sacerdotale (e quindi anche quello socio-politico che ne consegue) cessa di dedicarsi alle scienze che lo avvicinano al divino, la religione diviene una tradizione priva del ricordo, ove i propri presbiteri non conoscono neanche più il significato di riti e simboli che si trovano ad amministrare. Se sul vertice di una  piramide arriva un profano, un indegno, a mano a mano che si scende dalla piramide si trova sempre più caos.
E’ questa la trasformazione della chiesa cattolica che molti hanno intravisto nella civiltà occidentale. All’interno di essa non vi è più possibilità di ascenso, di libera crescita interiore, perché sono gli stessi preti che hanno perduto le chiavi della antica sapienza sacerdotale.

 

 

Ciò che rimane delle attuali religioni per molti sono chiacchiere e fiabe di cui si è smarrita completamente la chiave ermeneutica. Ma le favole possono bastare a coloro che si accontentano di vedersi servita una verità senza sforzo, a coloro che, troppo deboli, necessitano di una spiegazione consolatoria della morte e delle ingiustizie della vita. Non bastano di certo a quelli che, liberatisi dai preconcetti di cui ci nutre continuamente la nostra società, si svegliano dal “torpore dommatico” e si incamminano sulla strada dove dovranno conquistarsi la verità con volontà, pazienza e umiltà. E allora vivere diventa conoscere e sapere.
Una persona che resta in seno alla religione per tutta la vita nasce in un modo e muore più o meno uguale; cosa che non avviene per colui che, una volta intrapreso lo studio e la pratica delle Scienze Ermetiche, mira alla trasformazione di sé stesso avvicinandosi al “dio in terra” di cui parlano i grandi iniziati.
Sicuramente oggi esistono uomini che in buona fede cercano di mettere in atto e trasmettere dei valori religiosi positivi. Ma il più delle volte sono messaggi che non servono a nulla se le più alte gerarchie ecclesiastiche restano corrotte e ignoranti, obbligando le masse a sottostare ai propri dogmi e alle proprie superstizioni.
Il programma filosofico di Marsilio Ficino, come di molti altri AA. del coro intellettuale del Rinascimento, era quello di risanare la spaccatura tra filosofia e religione fondando una nuova “teologia” che muovesse dalla dottrina sapienziale che affonda le sue radici proprio in Ermete Trismegisto, auspicando di conseguenza un rinnovamento della società e dei valori. Il suo tentativo però fallì come quello di molti altri: i sacerdoti  di oggi non si dedicano alla sapienza ma alla morale spicciola di tutti i giorni e i filosofi contemporanei sono molto spesso “sterili parolai”, politicizzati per giunta e asserviti a questo o quel potere. Ma anche la tirannide sacerdotale delle sette e delle chiese è svanita e le idee circolano più liberamente. Viviamo in un’epoca di grandi trasformazioni e mutamenti, lo si nota nello stesso panorama ermetico del nostro paese, e forse non è  più assurdo ipotizzare la realizzazione della tanto agognata “libertà spirituale” in cui ognuno è libero di costruirsi la propria filosofia e religione.  
La via ermetica resta, comunque, una via solitaria e individuale per quanto l’azione collettiva di coloro che la percorrono possa contribuire alla maturazione e all’evoluzione dell’umanità. Essa mira all’ascenso spirituale dell’uomo su questa terra, alla realizzazione della famosa ipotesi della trasformazione del piombo in oro, alla comprensione intelligente dell’Universo. E questo basta per differenziarla dalla via religiosa comune, con la quale spesso viene in cattiva fede o per ignoranza confusa.
03 Marzo 2009  

                                       Puer Lunae